Quali sono le tue fonti d'ispirazione?
I materiali e gli oggetti naturali, ma anche prodotti fabbricati dall’uomo, che abbiano una funzione protettiva. Questo perché nella maggior parte dei casi hanno una consistenza interessante o dei motivi creati attraverso la ripetizione di certe forme. Per esempio, la parte superiore di una ghianda, la pelle di serpente, il guscio di una tartaruga, gli aghi di un riccio di mare, il guscio di un baccello, le spine di una pianta, l’esoscheletro di un’aragosta o di un granchio, un’armatura scheletrica o architettonica, i muri di pietra, una rete.
C’è un colore che prediligi rispetto ad altri per esprimere la tua arte?
Quando ho iniziato a lavorare il feltro ero piuttosto intransigente e usavo esclusivamente tinte naturali. Siccome applicare il mordente e poi la tintura su fibre di lana fine era spesso un processo sgradevole e piuttosto lungo visto che le fibre tendono ad aggrovigliarsi nei recipienti, iniziavo il mio lavoro e poi lo tingevo per immersione. Questo sistema faceva restringere la lana in un modo grazioso, e mi spinse a sperimentare diversi tipi di fibre animali per trovare il più ampio spettro di colori naturali da sovratingere. Mi dette anche l’ispirazione per iniziare a incorporare fibre e tessuti di cellulosa e seta nei miei lavori in feltro, perché assorbivano il colore in maniera diversa. Di conseguenza, la mia tavolozza era sempre una gamma di sfumature della stessa famiglia di colori, basata sulla tintura naturale o la combinazione di quelle colorazioni che usavo per coprire tutte le sfumature naturali. Ero determinata a dimostrare che si poteva ricreare un intero spettro di colori da tinture naturali, non solo marroni e gialli. Più di recente, tuttavia, mi sono concentrata sull'uso dell’indaco e la tintura di noce per rendere più scuri e torbidi quei colori brillanti. In generale ho iniziato a frenare l’impulso di tingere tutto, tendo a lasciare il lavoro in bianco e nero, con tutte le sfumature intermedie naturali.
Il mondo dell’arte tessile è ampio ed eterogeneo, perché la lana ha catturato maggiormente la tua attenzione?
La lana inizialmente mi ha colpito perché quand'ero all'università mi concentravo sull'uso di tinte naturali e i filati di lana assorbivano i colori in maniera così chiara e luminosa e richiedevano un processo di applicazione del mordente più semplice rispetto alle fibre di cellulosa. Poi iniziai ad infeltrire ad acqua delle fibre di lana senza la restrizione della torcitura lineare del filato, e così cominciai a capire la meccanica del processo. Ero rapita dall'idea di questi filamenti separati di fibra che danzavano lentamente l’uno intorno all'altro, intrecciandosi e poi aggrovigliandosi strettamente in questo caos microscopico che alla vista pare un tutto ben organizzato. Questa socializzazione delle fibre insieme al fatto che la lana si associa al calore, alla comodità e alla sicurezza spronò il mio interesse a lavorare con la lana dato che il mio lavoro tende ad avere a che fare con i concetti umani di protezione e sicurezza, sia fisicamente che emotivamente.
Cosa esprimi con le tue Soft Sculpture?
Generalmente, il mio lavoro è da un lato produrre accessori per il corpo o l’attività umana, come borse che propongono, attraverso la loro forma, i loro motivi e le loro fantasie, una critica alla nostra tendenza ad accumulare, raccogliere e portarsi dietro cose per sentirsi più sicuri; dall'altro realizzare audaci gioielli per il collo, il polso e le orecchie. Quando ne ho l’occasione, creo sculture figurative per esprimere l’intensità della mia esperienza umana o della mia prospettiva, che non hanno altra funzione se non quella contemplativa.
C’è un periodo dell’anno o un momento del giorno nel quale sei più creativa?
Solitamente lavoro quando sono ispirata a creare, e quell'impulso può essere determinato dal tornare da un viaggio, una conversazione, o una teoria del feltro da esplorare. Tuttavia, prendere finanziariamente un impegno per una mostra è ciò che mi porta veramente a lavorare. La pressione delle scadenze e l’intensità di creare un lavoro dopo l’altro, e il fatto che ogni opera è direttamente ispirata dalla precedente, mi portano a realizzare alcune delle mie creazioni più gratificanti. Le mostre a cui partecipo solitamente sono tra ottobre e marzo, per cui lavoro tanto durante l’inverno e cerco di dedicare la primavera, l’estate e l’autunno a insegnare, a viaggiare e a fare giardinaggio nella splendida parte occidentale del North Carolina.
Una volta che la tua opera è finita, come ti senti? Ne sei gelosa e vorresti tenerla tutta per te oppure sei smaniosa di condividerla con gli altri?
Una volta che ho finito un lavoro e l’ho documentato, mi rende felice passarlo a qualcuno che gli attribuisce lo stesso valore che gli attribuisco io. Onestamente, una volta che ho creato il lavoro, penso all’idea successiva e non sento il bisogno di tenere l’oggetto né di crearne più esemplari. Ogni tanto decido di tenere per me un lavoro perché dovrei indossare i miei articoli per farmi pubblicità, ma a volte c’è da pagare il mutuo, più che mettersi eleganti!
Per alcuni, il processo creativo, è anche un momento di profonda analisi interiore. È lo stesso anche per te?
Sì, sì, sì…siamo influenzati dalle cose a cui siamo esposti, da ciò che ci circonda sia fisicamente che mentalmente. Il mio lavoro mi offre una valvola di sfogo per la mia visione del mondo e di me stessa.
Raccontaci della collaborazione con DHG. Quale delle nostre fibre hai scelto per la realizzazione delle tue opere e perché? C’è un messaggio particolare dietro alle opere che ne sono scaturite?
Inizialmente ho richiesto una selezione di colori del top Merino extra fine di DHG, in tonalità che uso per le mie fantasie a muro di pietra e a rete (perché credo che sia giusto cominciare da dove ti trovi al momento, e questa era l’estetica dei miei lavori più recenti). Poi ho realizzato con infeltrimento ad acqua degli strati sottilissimi di feltro parziale, coprendoli con i bottoni di lana di DHG per aggiungere una texture casuale con cui giocare al momento dell’applicazione di punti a mano libera. Una mia ex studentessa mi aveva regalato una collezione di sassolini vitrei di Murano e avevo pensato di fare una collana con un motivo decorativo a rete con delle incastonature in seta per questi elementi in vetro. Mi piace il contrasto concettuale e l’idea di speranza implicita nel lavorare con l’aspetto difensivo e costrittivo del motivo a rete, in combinazione con la limpidezza e la natura illuminante del vetro visibile tra i fori della rete. Ho anche richiesto un po’ dei cardati da infeltrimento ad ago di DHG, per sperimentare in questo processo di realizzazione del motivo a rete, combinandoli con i top Merino di DHG che avevo infeltrito ad acqua. Ho deciso di usare lo chiffon DHG da 3,5mm e da 6mm per le tasche di seta, in modo che i sassolini vitrei fossero visibili. Mi piace particolarmente lavorare con il 3,5mm, perché è più vulnerabile e la struttura tessile cambia per effetto della tensione con le fibre di lana. Infine, ho richiesto anche la garza di lana di DHG perché ero curiosa di vedere quanto si sarebbe compattatato con il restringimento del resto del materiale. La collana si è sviluppata durante la realizzazione, diventando una placca per il petto e la schiena che evoca sia un muro difensivo che una colonna vertebrale, visto che durante la lavorazione stavo soffrendo di problemi al collo. Il fatto che la seta da 3,5mm assumesse un’apparenza sdrucita e faticasse a reggere il vetro mi ha dato l’opportunità di impegnarmi nel realizzare dei punti di rammendo per sistemare e riparare, che mi è parso molto appropriato visto che ero in via di guarigione e visto che il lavoro era una donazione per l’Ospedale Pedriatico Meyer. Riguardo al procedimento di lavorazione dell’opera donata, Reparation (Riparazione), e per ulteriori informazioni sulle mie scelte artistiche nel processo rimando al mio blog, all’indirizzo Strongfelt.
Il bilancio della collaborazione?
Molto raramente creo delle opere per mostre a tema o accetto commissioni indirizzate da idee altrui. Dall’inizio della mia comunicazione riguardo al DHG Charity Project, sapevo solo che avrei realizzato un gioiello con le mie consuete scelte di motivi decorativi ispirati all’idea di protezione. Mi è piaciuto molto il percorso e l’introspezione che è derivata da questo progetto e ho speranza per la guarigione mia e dei bambini dell’Ospedale Pedriatico Meyer. Certamente non mi aspettavo i paragoni profondi che sono stati poi fatti tra il mio lavoro, i miei problemi di salute, i tessuti inviatimi da DHG e la “riparazione” fisica e mentale che ha avuto, sta avendo e avrà ancora luogo presso l’ospedale grazie ai proventi della vendita del mio lavoro.
La frase più ricorrente nei tuoi discorsi?
Meno è meglio.
Se ti dovessi descrivere con solo aggettivo, quale sarebbe?
Intenzionale.
In un uccello. I loro occhi sono acuti e hanno grande spirito di osservazione. Sono bravissimi a cercare materiale adatto alla costruzione dei loro nidi. I loro movimenti sono così meravigliosi e raffinati. Hanno la forza di librarsi nel cielo grazie alle loro ali e guardare dall'alto l'immagine dell'intera esistenza.
La macchina del tempo è a tua disposizione, puoi viaggiare nel passato. Quale periodo storico scegli e chi, fra gli illustri protagonisti della Storia dell’Umanità, vuoi conoscere?
Sceglierei un’epoca in cui i personal computer non distraevano così tanto dall’esperienza del momento, e le persone dedicavano più tempo a guardare nel profondo dell’umanità del prossimo e della natura intorno a loro piuttosto che guardare uno schermo. Forse è per questo che mi dà tanta gioia viaggiare negli angoli più remoti del globo ed esplorare culture che non hanno ancora subito l’impatto dell’era tecnologica.
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